
Mosè: Facendo le corna…
*Mosè è stato un profeta israelita, per gli Ebrei il più grande mai esistito. La sua nascita si colloca tradizionalmente nel XIII secolo a.C., in Egitto. I testi biblici raccontano che, in quell’epoca, il Faraone, per evitare l’eccessiva proliferazione degli Israeliti (che stavano diventando troppo numerosi), aveva ordinato di uccidere i neonati maschi degli Ebrei: allora, la madre di Mosè (che aveva già due figli, Miriam e Aronne) nascose il piccolo in una cesta e lo affidò alla corrente del Nilo nella speranza di salvarlo. Casualmente, la cesta venne trovata dalla figlia del Faraone che, commossa dal pianto del bambino, decise di accoglierlo, e gli impose il nome Mosè, che significherebbe “salvato dalle acque” (l’etimologia, però, è controversa).
Mosè crebbe dunque alla corte egizia, assieme al figlio del Faraone, normalmente identificato in Ramses II. Una volta adulto, Mosè si recò al cantiere degli Israeliti dove, per difendere uno schiavo, uccise il sorvegliante egizio che lo stava percuotendo. Ricercato dal Faraone, Mosè fuggì nelle terre di Madian, dove prese in moglie Zippora (o Sefora), che gli diede due maschi: Gherson ed Eliezer.
Un giorno, Dio apparve a Mosè sotto forma di roveto che ardeva ma non si consumava, per annunciare che aveva deciso di liberare gli schiavi ebrei e aveva scelto lui, Mosè, come Sua voce – e guida degli Israeliti verso la Terra Promessa. Mosè non si sentiva all’altezza del compito, anche perché aveva un difetto di pronuncia, così Dio gli affiancò il fratello maggiore Aronne, che era un abile oratore.
Mose si recò quindi dal Faraone (ora, tradizionalmente, Ramses II), che però rifiutò di lasciar partire gli Israeliti. L’Egitto venne allora colpito da dieci piaghe, tra cui l’ultima era la morte di tutti i primogeniti egiziani: a quel punto, il Faraone si risolse a liberare gli Ebrei, che da allora commemorano quel giorno attraverso la festa della Pesah – la Pasqua. Il Faraone, però, si pentì di aver affrancato gli schiavi e, alla testa di seicento carri da guerra, raggiunse gli Israeliti presso il Mare di Giunco (tradizionalmente, ma forse erroneamente, identificato con il Mar Rosso): Mosè allora stese il suo bastone, e le acque del mare si divisero, permettendo agli Ebrei di giungere alla riva opposta. A quel punto, le acque tornarono a unirsi, sommergendo gli Egizi che inseguivano gli Israeliti sui loro carri: non vi fu alcun superstite.
Gli Ebrei giunsero quindi alle pendici del monte Sinai, dove Mosè, salito in cima alla montagna, ricevette da Dio le Tavole della Legge, contenenti i Dieci Comandamenti, che sarebbero dovute essere conservate nell’Arca dell’Alleanza. Mosè restò sul monte per quaranta giorni e quaranta notti, ma gli Israeliti, credendolo morto, chiesero ad Aronne di poter costruire un vitello d’oro che li guidasse verso la Terra Promessa. Aronne non riuscì ad opporsi, e per questo motivo fu condannato a non vedere mai la Terra Promessa. Quando Mosè scese dal monte, distrusse l’idolo, e ordinò a coloro che gli erano rimasti fedele di uccidere gli empi. Questa fu solo la prima di una serie di ribellioni, a causa delle quali il popolo di Israele fu condannato a vagare per quarant’anni nel deserto prima di poter entrare nella Terra Promessa.
Gli Ebrei dovettero affrontare svariate guerre contro numerosi nemici: tali guerre vennero condotte da Giosuè, il futuro successore di Mosè, mentre questi seguiva i combattimenti dall’alto. Ogni volta che il profeta teneva il proprio bastone alzato verso il cielo, gli Israeliti vincevano.
Gli Ebrei dovettero inoltre affrontare varie prove, soprattutto la fame e la sete. Quando finirono le provviste, Mosè pregò Dio, che inviò degli stormi di quaglie per sfamare il Suo popolo. Inoltre, al mattino gli Israeliti trovarono nel loro campo piccoli chicchi di una sostanza resinosa dal sapore di una focaccia al miele. “Man hu?” si chiesero. Ovvero: “Che cos’è?” Da allora, questa sostanza è nota come “manna”. Quando invece furono le riserve d’acqua a scarseggiare, Dio ordinò a Mosè di salire su un monte e parlare alla roccia: ma Mosè, furioso con il suo popolo che continuava a dubitare di Dio, colpì la roccia col suo bastone. L’acqua sgorgò dalla roccia, permettendo agli Ebrei di dissetarsi: ma Mosè fu punito per la sua disobbedienza. Avrebbe potuto vedere la Terra Promessa, ma non vi sarebbe potuto entrare. Morì infatti sul monte Nebo, nel paese di Moab, dopo aver potuto vedere la schiena di Dio.
L’iconografia tradizionale raffigura Mosè con in testa un paio di corna. Probabilmente, ciò si deve a un’errata interpretazione dell’originale del testo dell’Esodo. Nell’ebraico scritto non vengono inserite le vocali, il che può variare il significato e l’interpretazione delle parole. Nel caso in questione, il termine incriminato è il verbo qrn. Il passo biblico riferisce che Mosè, dopo aver ricevuto i Dieci Comandamenti, ignorava che la sua pelle era raggiante (qaran). Quando però San Girolamo tradusse la Bibbia ebraica nella Vulgata latina, optò per la dizione “ignorava che la sua faccia era cornuta” (qeren). In effetti, a volte il viso di Mosè è stato raffigurato con due fasci di luce che, a mo’ di corna, partono dalla sommità del capo, onde unire le due interpretazioni.