
Non è mai facile tornare in campo dopo un’assenza prolungata. Chiedere per conferma a Mancini, ma anche a Serena Williams che, dopo la sconfitta nella semifinale degli ultimi U.S. Open e la lunga pausa invernale, non è ancora riuscita a vincere un torneo nel 2016.
Presto o tardi, però, i valori autentici emergono sempre. Anche dopo una sosta durata oltre due mesi. Anche se occorre fare i conti con assenze importanti.
Ma, a volte, basta la presenza di un vero leader per far pendere l’ago della bilancia in favore di uno dei due schieramenti. E l’Ivrea Montalto ha un’arma che suscita l’invidia di ogni rivale.
Il febbraio di Lorenzo Ciancio è iniziato esattamente sulla scia lasciata dallo scorso dicembre, come se non ci fosse stata alcuna interruzione, come se la nuova stagione non fosse che la coda della cometa che ha illuminato il Natale e ora splende sul mese depauperato dai Cesari.
Perché non c’è due senza tre: e allora, ecco la terza partita consecutiva in gol, la seconda doppietta sorta dalla tecnica, dalla caparbietà, dal carisma.
Finora, in tre gare Ciancio ha segnato la metà delle dieci reti realizzate dalla società nero-arancio. Una media migliore – per capirci – di quella di Gonzalo Higuaín, capocannoniere assoluto e indiscusso del massimo campionato.
Sono dovuti principalmente a Ciancio i sette punti che attualmente issano i Giovanissimi eporediesi alla piazza d’onore nel loro girone, alle spalle del solo Bollengo Albiano che però ha disputato una partita in più.
Emblematico è il primo match giocato nel nuovo anno. Uno scontro diretto, contro un team – lo Charvensod – giunto alla trasferta di Ivrea forte di due vittorie consecutive, e di un miglior piazzamento in classifica.
Ed ecco le difficoltà del nuovo inizio, in riva alla cerulea Dora cantata dal Carducci. Una squadra spenta, priva di ritmo, ancora imballata. Finché il condottiero non si è rimboccato le maniche, suonando la carica ai suoi soldati.
E allora, ecco il vantaggio, forse un po’ fortunoso, quasi casuale. Poi, però, la ribalta è stata tutta del maestro.
Un gol immediato, un destro incrociato al volo direttamente da calcio d’angolo, per spegnere sul nascere ogni possibile velleità di reazione da parte degli avversari. E il punto esclamativo, un bolide a mezza altezza dopo un uno-due, a sancire il sorpasso sui valdostani. Game, set, match. La strage di san Valentino era compiuta.
Il generale vittorioso cingeva ancora il serto d’alloro da cui ha origine il suo nome, e di nuovo percorreva i sentieri del trionfo, la via che innalza alla gloria imperitura.
Trema il Piemonte di fronte all’erede di Re Arduino, ma freme anche d’orgoglio nel sentire il nome del suo nobile figlio riecheggiare per monti e vallate, librarsi nel vento sopra alle rosse torri brandendo lo stendardo crociato.
La strada è erta, ma il percorso è tracciato. Il futuro attende trepido di poter inondare con la sua luce il più prezioso dei gioielli del Canavese.
Perché il proverbio non si ferma: la quarta vien da sé. E la risposta, come sempre, è scritta nelle stelle.